Suore e preti, ecco quanto si guadagna vestendo gli abiti e seguendo la vocazione: chi paga veramente le loro spese? I dettagli in merito circa un argomento che incuriosisce in molti.
I volti e le istituzioni della Chiesa Cattolica Romana fanno ormai parte dell’immaginario collettivo da secoli e secoli; nel corso della Storia, le vicende della Chiesa si sono spesso intrecciate con quelle politiche di nazioni, famiglie titolate e Capi di Stato, per un’istituzione millenaria guidata dal Papa di Roma che, ancora oggi, ha la sua importanza e il suo peso specifico, specialmente per tutti i fedeli.
Senza citare necessariamente San Pietro e il Vaticano, praticamente ogni quartiere ha la sua chiesa, così come un proprio sacerdote; diverse in città sono anche le congregazioni di suore e preti, con queste figure religiose estranee praticamente a nessuno. In molti si chiedono però come facciano effettivamente a spesarsi, anche se in pochi sanno darsi una risposta; sapevi questi dettagli? Eccoli.
Come tutte le altre persone, anche quelli che decidono di prendere i voti e svolgere funzioni religiosi hanno bisogno di un reddito per permettersi di vivere una vita degna, pur dedicandola a Dio e non lavorando dunque in proprio, o come dipendenti pubblici e privati. In molti si chiedono anche da dove venga questo reddito che suore, preti e figure simili prendono, anche se la risposta non è molto comune; per prima cosa, è bene comunque sapere che la loro (come riporta il sito money.it) è considerata a tutti gli effetti una professione e dunque percepiscono uno stipendio, che cambia però da preti a frati e suore.
Stando a quanto riportato dalla fonte, lo stipendio percepito dai preti varia a seconda del livello di anzianità e del ruolo che svolgono, seguendo dunque la gerarchia ecclesiastica. Gli stipendi di preti semplici, parroci oppure quelli di vescovi e cardinali non sono di certo uguali e pare (secondo quanto riportato) varino dai 1.000 euro ai 5.000 euro mensili, mentre ad esempio Papa Francesco ha deciso di rinunciare allo stipendio per sua stessa volontà. In aggiunta alle loro mansioni religiose, i preti e i parroci possono anche insegnare religione, dunque avere un’altra attività lavorativa e un’altra fonte di reddito.
Le suore e i frati invece non percepiscono lo stipendio e per questo spesso svolgono professioni fuori dall’ambito ecclesiastico, come magari quelle di infermiere o di insegnante; lo stipendio deve essere adeguato alla professione svolta e derivante dai contratti collettivi di lavoro, come succede come ogni altro cittadino. Il discorso è simile per i frati, a prescindere dall’ordine a cui appartengono; vivono secondo la regola della castità, povertà e obbedienza e in comunità, anche se possono svolgere un’attività retribuita nell’ambito della Diocesi. In ogni caso, come riporta la fonte, gli stipendi non sono di certo pagati dallo Stato, né in realtà dal Vaticano; ad occuparsene è l’Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc), un organo della Cei (Conferenza Episcopale Italiana).
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