La dottoressa sarda che curava i tumori con radiofrequenze ed ultrasuoni è stata condannata all’ergastolo, con l’accusa di omicidio e truffa.
Dopo una lunga vicenda giudiziaria, la dottoressa Alba Veronica Puddu, 52 anni e originaria di Tertenia, in Ogliatsra, è stata condannata dalla Corte d’Assise di Cagliari. Dovrà trascorrere il resto dei suoi giorni in carcere.
Questa la punizione decisa dai giudici per la donna che prometteva ai suoi pazienti, affetti da tumori, di poter guarire tramite terapie non convenzionali come l’uso di ultrasuoni e radiofrequenze. Secondo Tiziana Marogna, che ha presieduto la Corte d’Assise di Cagliari, i metodi della Puddu non avrabbero fatto altro che accelerato la morte dei poveri pazienti.
In aula erano presenti i familiari delle tre vittime, Davide Spanu, Franco Garau e Fiorenzo Fiorini. La dottoressa Puddu, invece, non si trovava in aula al momento della sentenza. I tre ex pazienti, ora deceduti, si erano affidati alle cure della Puddu, che aveva consigliato di interrompere ogni altra terapia farmacologica.
Il caso
Inizialmente la pm Giovanna Morra aveva chiesto una condanna più leggera, 24 anni e due mesi di carcere, ma alla fine la sentenza di primo grado ha disposto l’ergastolo per i crimini riconosciuti alla donna: si tratta di omicidio volontario aggravato, circonvenzione di incapace e truffa.
“Non ho mai proibito o scoraggiato i miei pazienti a seguire le cure tradizionali come chemioterapia e radioterapia. Tutto ciò che hanno fatto è stata una libera scelta di ciascuno“, aveva dichiarato Alba Veronica Puddu alla Corte d’Assise di Cagliari, in sua difesa.
Una dichiarazione che, però, non sta in piedi. Il caso era già scoppiato nel 2017, quando una nota trasmissione aveva costruito un servizio sulla donna. Per questo era stata prima sottoposta a procedimento disciplinare dall’ordine dei medici di Nuoro, e poi nel 2018 le era stato revocato il diritto all’esercizio della professione medica dal gip Francesco Alterio.
L’avvocato della dottoressa, Michele Zuddas, si è espresso a seguito della sentenza: “La severità della condanna, che supera addirittura quella sollecitata dalla pm, ha colto tutti impreparati”.
“Manca la condotta dolosa e non vi è prova dell’elemento soggettivo dell’omicidio volontario per cui è stata chiesta la condanna. Aspetteremo che vengano depositate le motivazioni che hanno portato alla condanna per ricorrere poi in appello”.