Pensioni, meno soldi del previsto dalle rivalutazioni

La rivalutazione delle pensioni destinata all’anno corrente non influenzerà particolarmente il tenore di vita dei cittadini italiani beneficiari dell’assegno. A quanto pare, l’aumento della cifra contempla anche un maggior importo di tassa.

I cittadini italiani beneficiari dell’assegno pensionistico attendevano con trepidante attesa l’aumento e la rivalutazione delle pensioni per l’anno 2023. Peccato che la perequazione nasconda in realtà un piccolo inganno.

Pensioni, la rivalutazione dell'assegno nasconde un piccolo inganno burocratico
Pensioni, la rivalutazione dell’assegno nasconde un piccolo inganno burocratico – TopDay

L’assegno pensionistico viene stabilito nel rispetto di diversi fattori: anni di contributi versati dal cittadini, quantità di importo contributivo, lavoro svolto precedentemente ed infine valore del costo di mercato attuale. La Costituzione Italiana infatti garantisce il benessere del cittadino, di conseguenza il Governo svolge il periodico processo di perequazione in modo da modulare la cifra pensionistica sulla base del costo della vita. In seguito alla crisi economica e al rincaro generalizzato dei prezzi, era inevitabile che la rivalutazione delle pensioni portasse ad un aumento di suddetta cifra. Tuttavia, lo Stato Italiano non possiede i fondi necessari per seguire una rivalutazione totale dell’assegno pensionistico, fattore che contribuirà ad una maggiore tassazione. Alla fine, la rivalutazione potrebbe apparire fondamentalmente inutile per moltissimi cittadini italiani: approfondiamo insieme l’argomento.

Pensioni, l’aumento della cifra contempla anche maggiori tassazioni

Prima di tutto, occorre chiarire che la percentuale di rivalutazione cambia a seconda dell’importo mensile destinato al cittadino. Lo Stato Italiano non ha abbastanza fondi per stabilire una rivalutazione al 100% per tutti i pensionati, di conseguenza alcuni cittadini potrebbero quasi risultare danneggiati dal processo di perequazione. Nello specifico, l’aumento corrisponderà alle seguenti percentuali: 32% su importi oltre 10 volte maggiori rispetto al trattamento minimo, 37% su importi da 8 a 1o volte maggiori, 47% su importi da 6 ad 8 volte maggiori, 53% su importi da 5 a 6 volte maggiori, 85% su importi da 4 a 5 volte maggiori ed infine 100% su tutte le pensioni a minime assegnate dallo Stato. Come se non bastasse, gli assegni maggiori subiranno anche una maggiore tassazione, motivo per cui la percentuale effettiva diminuisce ulteriormente.

L’assegno pensionistico infatti è soggetto a tassazione, come se si trattasse di un vero e proprio stipendio: maggiore è la cifra, maggiori saranno le tasse da pagare allo Stato, sulla base delle norme di detrazione fiscale. Di conseguenza, considerando che la stessa rivalutazione non viene assegnata al 100%, l’importo finale dei pensionati più abbienti non cambierà più di tanto. Gli assegni subiranno così una sorta di processo di livellazione che si estinguerà con l’anno 2023, quando verrà effettuata nuovamente la perequazione.

Accesso alla pensione, tasto dolente per i cittadini italiani

I cittadini italiani chiedono che venga ideata una riforma delle pensioni adatta al contesto attuale. Le pensioni anticipate, così come l’età minima stabilita, producono uno stato di frustrazione e malessere. Cittadini con oltre 40 anni di contributi non riescono ad andare in pensione, ed altrettante persone ormai stanche sono costrette a mantenere il posto di lavoro.

Pensioni, l'aumento della cifra contempla anche maggiori tassazioni
Pensioni, l’aumento della cifra contempla anche maggiori tassazioni – TopDay

La conseguenza più grave? I giovani si vedono costretti ad accettare contratti sottopagati perché non ci sono posti di lavoro disponibili. Questo provoca staticità, la difficoltà relativa al raggiungimento di un’indipendenza economica, potrebbe danneggiare seriamente il futuro del Paese.

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