Il titolare di una storica attività ha affisso un cartello fuori dal negozio in cui ha specificato di essere costretto a chiudere per mancanza di personale con voglia di lavorare.
Questa storia arriva dalla provincia di Pordenone, in Friuli Venezia Giulia. Ma in tutta Italia, da mesi, ristoratori e imprenditori dicono di fare molta fatica a trovare personale.
A Valvasone Arzene, in provincia di Pordenone, sulle vetrine del negozio della Cospalat è apparso un cartello su cui era scritto che l’attività era costretta a chiudere a causa di mancanza di personale con voglia di lavorare.Il testo dell’annuncio affisso sulle vetrine del negozio è duro: “Con grande rammarico ci troviamo obbligati a comunicare che sospendiamo l’attività nello spaccio di Valvasone per mancanza di personale che abbia un minimo di voglia di lavorare”. A spiegarne il significato è stato Renato Zampa, consigliere di Cospalat Friuli Venezia Giulia, secondo cui il problema di carenza di personale riguarda tutti i punti vendita del consorzio e che l’impresa aveva cercato di assumere nuovi lavoratori, ma senza successo. Il Consigliere ha spiegato che ai colloqui si presentano solo persone over 50. Ma il problema non è quello. A detta di Zampa il problema è che nessun candidato è disposto a fare sul serio: lavorare il sabato non va bene, iniziare il turno alle otto è troppo presto, gli spostamenti sono troppo lunghi.
Il cartello era solo una provocazione
Zampa ha precisato poi che quel cartello era provocatorio e che la provocazione è andata a buon fine in quanto, da quando è comparso il messaggio, hanno iniziato a fioccare telefonate e Curriculum. Sulla vicenda si è espresso anche il sindaco di Valvasone Arzene, Markus Maurmair. Il primo cittadino ha asserito: “Da anni l’attività funziona soprattutto grazie alla buona volontà delle persone che vi lavorano. Questo Paese sta regredendo e bisogna fare qualcosa per cambiare la mentalità delle persone. Basta assistenzialismo. È tempo di tornare alla cultura del dovere, del sacrificio e della responsabilità”. In effetti spesso non è il lavoro che manca ma la mentalità del mettersi in gioco. Secondo molti la colpa di tale mentalità è da imputare all’avvento del Reddito di cittadinanza.
Fonte: Gazzettino, Fatto Quotidiano